DESTINATARIO:
Egr. Presidente Mario Draghi,
presso Eurotower,
Kaiserstraße 29
DE-60311 - Frankfurt am Main,
Deutschland
office.draghi@ecb.europa.eu
Le
affermazioni del presidente della Bce, Mario Draghi, sono tratte da
un'intervista al settimanale francese Le
Journal du Dimanche,
riportate sul Sole24Ore del 15/12/2013
DRAGHI: «La tesi populista che consiste nel pensare che uscendo dall'euro, un'economia nazionale beneficerebbe all'istante di una svalutazione competitiva come ai vecchi tempi non sta in piedi. Noi non ci sostituiremo ai governi; se tutti cercano di svalutare la propria moneta, non se ne avvantaggia nessuno. In conclusione, la strada verso la prosperità passa sempre attraverso le riforme e la ricerca della produttività e dell'innovazione»
TAMBURRO:
Egregio presidente della BCE, mi permetta di dirle che l'uscita
dall'euro che lei descrive come
“tesi populista”, dove la parola “populista” assume perlopiù
un'accezione negativa che diventa sinonimo di "demagogia" è
a mio avviso errata, poiché il demagogo fa leva su sentimenti spesso
irrazionali, mentre la soluzione ipotizzata di un'uscita dall'euro
trova il consenso non solo di centinaia di economisti, ma anche di
milioni di cittadini europei dichiaratamente contrari alla permanenza
nell'Unione europea.
Inoltre, è contestabile la sua frase in cui afferma “noi non ci
sostituiremo ai governi”; mi lasci dire che la Bce si è già
sostituita ai governi in maniera più che marcata, dettando
forzatamente la sua ingerenza nelle politiche monetarie di ogni
singolo Paese membro dell'Ue. Alcuni, ma non tutti, non avranno
dimenticato la famosa lettera che la Bce aveva spedito al governo
(allora governo Berlusconi-Tremonti) il 4 agosto del 2011 firmato da
Lei, Mario Draghi (allora alla presidenza di Bankitalia), e
dall'allora governatore della Bce, Jean Claude Trichet, in cui si
chiedeva l’anticipazione del pareggio di bilancio al 2013 dal 2014
e l'applicazione di un rigore finanziario mai visto prima. E' noto a
tutti come la politica monetaria nazionale debba necessariamente
subire il veto di certe organizzazioni sovranazionali (in primis
B.C.E. e F.M.I.), tra l'altro (precisazione non di poco conto) non
elette democraticamente da alcun cittadino europeo.
Quanto alla svalutazione della moneta, ovviamente Lei è ben conscio
dell'impossibilità di un Paese come l'Italia di non poter svalutare
per ottenere un vantaggio competitivo nei confronti di altri Paesi
facenti parte dell'euro-zona, poiché tutti adottano la stessa
valuta. Ciò ne consegue che l'Italia non potrebbe mai svalutare con
l'obiettivo di essere più competitiva della Germania sui mercati
esteri.
Per poter svalutare ed essere competitivi con i nostri partners
europei abbiamo necessariamente bisogno di amministrare una nostra
valuta nazionale, distinta da quella dei nostri competitors.
Ritengo che non sia dovuto al caso che, con l'introduzione dell'euro,
la Germania abbia totalizzato un costante surplus nella bilancia dei
pagamenti con l'estero (attualmente pari a +6,7%), mentre gli altri
Paesi, in particolare quelli dell'Europa meridionale, abbiano
totalizzato dei deficit sempre crescenti nella bilancia dei pagamenti
con l'estero. A pensar male si potrebbe ritenere che l'Unione Europea
sia un vestito cucito addosso ad un solo Paese, cioè la Germania,
mentre gli altri Paesi siano obbligati a porre delle pezze
riparatrici per colmare gli enormi strappi che si sono venuti a
creare.
Inoltre, Lei è ben conscio del fatto che siamo immersi in quella che
potremo definire una “guerra mondiale delle valute”, in cui tutte
le altre economie stanno procedendo ad una svalutazione della valuta
al fine ufficiale di uscire dalla deflazione, svalutazione non
dichiarata ufficialmente, ma cercata ufficiosamente per ricercare
quella competitività internazionale perseguita da tutti, tranne che
dalla Bce.
Dall'alto della sua conoscenza ne converrà con me che la
svalutazione non comporta alcun rischio di inflazione, come molti
erroneamente fanno credere poiché, ad esempio, in Italia durante gli
anni 1992-1993 (quando Lei a quei tempi era membro dei British
Invisibles, i rappresentanti di un influente gruppo di pressione
della City londinese, e si adoperava a “svendere i gioielli di
famiglia” in compagnia dell'allora presidente di Bankitalia
Ciampi, Beniamino Andreatta, Mario Baldassarri, i vertici di Iri,
Eni, Ina, Comit, delle grandi partecipate che di lì a poco sarebbero
state privatizzate) la lira in quegli anni si svalutò del 20% ,
mentre l'inflazione diminuì dal 5% al 4% e ci sono esempi storici
che riguardano non solo l'Italia ma anche altri Paesi del mondo a
dimostrazione del fatto che il mito che la svalutazione porti
all'inflazione sia stato completamente distrutto.
DRAGHI: «La
nostra politica monetaria rimasta accomodante dal 2011», poi «gli
impegni che abbiamo preso sul futuro orientamento della nostra
politica monetaria e la nostra decisione di novembre di abbassare il
principale tasso direttore, per la seconda volta, a 0,25%. Le
incertezze arretrano, e ciò dovrebbe contribuire a rilanciare gli
investimenti e incoraggiare le banche a fare prestiti. Anche il
potere d'acquisto è migliorato sotto l'effetto di un calo dei prezzi
dell'energia e dei prodotti alimentari».
TAMBURRO:
Le
incertezze, presidente Draghi, non arretrano, anzi determinate azioni
hanno sottolineato, qualora fosse ancora necessario farlo, che gli
interventi della BCE abbiano favorito unicamente le banche e non
imprese e famiglie. Le ricordo che le iniezioni di liquidità
rappresentate dall’utilizzo dei finanziamenti Long
term refinancing operations
(LTRO), con cui l’Eurotower ha immesso nel sistema oltre mille
miliardi di liquidità ad un tasso dello 0,75%, nella speranza di
lenire il credit crunch, sono state utilizzate dalle banche italiane
per fare cassa acquistando i titoli di Stato ed aggravando in tal
modo la crisi delle piccole e medie imprese, costrette a licenziare
per mancanza di liquidità.
Le
banche italiane hanno ricevuto 270 miliardi di prestiti triennali
dalla Bce al tasso dello 0,75% (al secondo posto dopo le banche
spagnole con 300 miliardi), nelle famose aste di liquidità del
dicembre 2011 e febbraio 2012, utilizzate al 90% per acquistare i
titoli di Stato.
Il
risultato di questa mossa ha favorito il credito alle PMI? Purtroppo
no, il risultato si può definire con due semplici parole:
speculazione finanziaria.
La
contrazione del 3,7% nei prestiti al settore privato (famiglie e
aziende) a ottobre rappresenta «la maggior flessione storica»,
secondo le statistiche di Bankitalia. In particolare il -4,9%
riguardante le imprese «è un calo storico», mentre quello di -1,3%
per i nuclei familiari non è un minimo assoluto.
Questo
è un esempio lampante di come la finanza sia totalmente distaccata
dall'economia reale.
Inoltre,
la sua mossa di ridurre ulteriormente il tasso direttore allo 0,25% ,
allo scopo di evitare che le banche commerciali preferiscano
depositare la loro liquidità presso la Bce, invece che erogare
finanziamenti alle piccole-medie imprese, si è appurato non servire
a nulla.
Come
affermava lo stesso Keynes: “sembra
improbabile che l’influenza della politica bancaria sul saggio di
interesse sarà sufficiente da sé sola a determinare un ritmo ottimo
di investimento. Ritengo perciò che una socializzazione di una certa
ampiezza dell’investimento si dimostrerà l’unico mezzo per
consentire di avvicinarci all’occupazione piena; sebbene ciò non
escluda necessariamente ogni sorta di espedienti e di compromessi coi
quali la pubblica autorità collabori con l’iniziativa privata”.
In
conclusione, non serve a nulla “regalare” soldi alle banche
perché prestino, anzi i dati dimostrano che più ricevono e meno
queste erogano finanziamenti.
DRAGHI:
«La
crescita sta tornando ma non è certo galoppante. È modesta, fragile
e diseguale. La disoccupazione è sempre troppo alta ma sembra
stabilizzarsi attorno a una media del 12%. L'anno prossimo,
prevediamo un ritmo di crescita per la zona euro di 1,1% e dell'1,5%
nel 2015. Le esportazioni riprendono e, fatto nuovo, risalgono i
consumi».
«La
Bce non può ridurre il livello strutturale della disoccupazione, che
dipende dal buon funzionamento del mercato del lavoro e dalla sua
capacità di integrare meglio coloro che ne sono stati esclusi. La
nostra missione principale è di mantenere la stabilità dei prezzi.
Nella misura in cui le nostre azioni stabilizzano l'economia, esse
contribuiscono alla riduzione della disoccupazione».
TAMBURRO:
parlare di una “stabilizzazione” della disoccupazione a questi
livelli è un discorso allarmante, soprattutto se la fonte da cui
provengono certe affermazioni siano da collegate al presidente della
Banca centrale europea, visto che in meno di sei anni la
disoccupazione è più che raddoppiata. Dati Istat dimostrano che
nell'aprile del 2007 era al 5,9%, mentre ad ottobre 2013 abbiamo
registrato una disoccupazione al 12,5%. Ancora più allarmante è il
dato della disoccupazione giovanile (15-24 anni) che ad ottobre 2013
ha raggiunto il massimo storico del 41,2%.
Mi
permetta di contestarle che l'occupazione non si genera sul mercato
del lavoro, bensì sul mercato dei beni: è stimolando la domanda
aggregata, attraverso stimoli degli investimenti, accentuando la
spesa pubblica e svalutando con giusta misura la propria valuta che
si riesce a stimolare i consumi e a ridurre la disoccupazione. Le
ricette economiche da Lei proposte hanno fallito e stanno continuando
a manifestare il loro fallimento ed i dati macroeconomici ne sono la
dimostrazione.
L'unico
modo di poter fare stime realmente positive sulla produttività
sarebbe quello di sostituire le politiche monetarie restrittive, con
politiche monetarie espansive, ovvero facendo il contrario di ciò
che si sta facendo adesso.
Lei
potrebbe rispondermi che aumentare la spesa pubblica porterebbe ad un
aumento del debito pubblico in quanto, siccome privi di sovranità
monetaria, ossia del potere di emettere moneta, ci ridurremmo come
sempre a chiedere denaro in prestito ai mercati (ossia alle banche)
in cambio dei nostri Titoli di Stato (su cui paghiamo circa 100
miliardi di euro all'anno di soli interessi), e finiremmo per non
rispettare i vincoli imposti dall'Ue in materia di pareggio di
bilancio e di fiscal compact.
Orbene,
mi lasci dire che allora abbiamo trovato la soluzione: riappropriarci
della nostra sovranità monetaria e applicare una politica monetaria
espansiva.
Se
è vero, come afferma, che gli obiettivi che la Bce si prefigge siano
la stabilizzazione dell'economia e, conseguentemente, la riduzione
della disoccupazione, non può non convenire con me che bisogna
abbandonare le attuali ricette economiche che ci hanno portato alla
deflazione e alla crisi economica che stiamo subendo per applicare
prontamente le soluzioni su proposte.
In
attesa di una sua eventuale e gradita replica Le invio cordiali saluti
Salvatore
Tamburro
Economista
italiano
"Se tutti cercano di svalutare la propria moneta, non se ne avvantaggia nessuno". Bella. Ma a parte che la svalutazione sarebbe, per ognuno, proporzionata alla propria realtà (la Grecia svaluterebbe più dell'Italia, la Germania rivaluterebbe rispetto a tutte le altre monete...), come mai la stessa obiezione non è sollevata per le politiche mono-ricetta della Troika (se tutti svalutano i salari, alla fine non se ne avvantaggia nessuno, ma tutti i lavoratori sono più poveri).
RispondiEliminaGrazie per essere stato così chiaro nell'esposizione, anche per i... "non tecnici" :)
RispondiEliminacomplicato
RispondiEliminarisposta davvero fantastica, unico appunto è che da come è impostato il discorso sulla Germania pare che questa nazione prima di entrare nell'euro fosse in braghe di tela e che i suoi famosi marchi, come siemens, bosh etc non se li filava nessuno (le concorrenti italiani quali sarebbero?? non mi pare abbia derubato i mercati italiani, cosa hanno rubato forse i tessuti o le auto?? Rifletterei su come la Germania, pur erogando gli stipendi tra i più alti in europa sia prima dell'entrata dell'euro, sia dopo, è rimasta quasi la prima della classe. Che qualcosa non vada in Italia è da scartare?
RispondiElimina