mercoledì 22 gennaio 2014

L'Ordine e la Fondazione dei Commercialisti di Napoli contro la privatizzazione della Banca d'Italia


L'Ordine e la Fondazione dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Napoli esprimono la più viva preoccupazione per gli evidenti pericoli sottesi all'operazione di privatizzazione della Banca d'Italia che il Governo ha posto in essere con il Decreto legge n. 133 del 27 novembre 2013, attualmente in corso di esame alla Camera ai fini della eventuale conversione. 
L'Ordine e la Fondazione fanno, dunque, proprie le pesanti perplessità espresse da numerosi componenti della Commissione Finanze della Camera dei Deputati in occasione dell'audizione del Ministro Saccomanni, avuta luogo il 16 gennaio. Nella sostanza, si modifica la disciplina legislativa in materia di controllo del credito, del risparmio e della vigilanza bancaria per sottrarre l'autorità preposta a tali funzioni di controllo – la Banca d’Italia – ad ogni vincolo pubblicistico e per metterla completamente e definitivamente a disposizione delle banche.

Autorevoli autori, come Nino Galloni, Salvatore Tamburro, Marco Della Luna, hanno da tempo rilevato che non è ammissibile che l’ente preposto in Italia al controllo del credito ed alla vigilanza bancaria sia di proprietà dei soggetti privati - come tali, per definizione orientati al proprio profitto – al cui controllo l’ente stesso sarebbe formalmente preposto. In una fase già così drammatica per l'economia italiana, per le imprese e per i lavoratori, il decreto legge n. 133 del 27 novembre 2013 esprime un approccio al credito e al risparmio che si pone in manifesta contraddizione con la volontà dei Costituenti, i quali posero il lavoro a fondamento dell'Ordinamento nazionale e all’art. 47 disposero: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito”. Al contrario della Costituzione italiana, che subordina dunque gli interessi finanziari alla tutela del lavoro e del bene pubblico, i trattati comunitari pongono il sistema bancario al vertice degli interessi e dei poteri: il dl 133/2013 sposa l'ottica europeista e bancocentrica e tradisce quella, orientata al bene comune, della Costituzione italiana.

giovedì 16 gennaio 2014

MERKEL E DRAGHI, PESSIMI CUOCHI


Il 23 novembre 2011, in concomitanza con l’approvazione del Six Pack, la Commissione Europea presentò due proposte di regolamento (Two Pack - la cui base giuridica trova fondamento nell’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) che sono entrate in vigore il 30 maggio 2013 e sono attive direttamente dal 1° gennaio 2014. 
Il primo regolamento istituisce misure di controllo dei budget degli Stati dell’Eurozona e procedure di vigilanza particolari per gli Stati minacciati da difficoltà economiche. 
Il secondo regolamento, valido per tutti i Paesi dell’Ue, prevede regole di bilancio comuni al fine di rafforzare la sorveglianza reciproca e i meccanismi di controllo dei bilanci ex ante: in pratica, il 15 ottobre di ogni anno ogni Paese membro deve presentare all’Unione europea il proprio progetto di bilancio per l’anno successivo e, se questo dovesse piacere perchè non rispetta i vincoli di bilancio imposti dalla troika, la Commissione può chiedere, entro 15 giorni, la presentazione di un progetto di bilancio rivisto.

Sfido chiunque a contraddirmi sul fatto che Parlamento e governo italiano non decidono quasi più nulla della politica economica nazionale; tutto il potere è nelle mani di organismi europei non eletti da alcun cittadino europeo, nel mentre che la gran parte dei rappresentanti politici difende gli interessi finanziari di banche e multinazionali.

Nel 1919 l'economista John Maynard Keynes contestò il Trattato di Versailles con parole che si rivelarono profetiche: «Se diamo per scontata la convinzione che la Germania debba esser tenuta in miseria, i suoi figli rimanere nella fame e nell’indigenza, se miriamo deliberatamente alla umiliazione dell’Europa centrale, oso farmi profeta, la vendetta non tarderà». Adesso le parti sono invertite, con i paesi periferici al tracollo e la Germania in posizione di relativo vantaggio, la crisi attuale presenta molteplici analogie con quella nefasta fase storica, che creò i presupposti per estremismi politici, l’ascesa del nazismo e la seconda guerra mondiale.