venerdì 26 agosto 2011

La Federal Reserve regala denaro agli "amici"


Mentre Bernanke annuncia che non ci sarà (per il momento) alcun Quantitative Easing 3 scoppia lo scandalo FED circa il fatto che essa avrebbe elargito (leggasi: prestato a tasso dello 0% = regalato) aiuti a grandi istituti finanziari e società varie, sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo, per un ammontare di 16.000 milardi di dollari.
Alla prima verifica contabile fatta sui conti della Federal Reserve la GAO Audit (Government Accountability Office) ha scoperto qualcosa che ai contribuenti americani di sicuro non farà piacere sapere.
La FED, che attraverso i suoi portavoce propone piani di austerità e proclama sacrifici per i contribuenti, aiuta invece con carrellate di denaro le banche, assicurazioni e società, anche fuori dal territorio americano.
Il senatore Sanders ha deciso di sputtanare la cosa (per la rabbia di Bernanke e Greenspan) sul suo sito, dicendo che tra il 2007-2010 la FED ha regalato 16 trilioni di dollari (vedasi voce di bilancio "Programma onnicomprensivo di prestiti") a banche "amiche", senza informare nemmeno il Congresso americano.
Qui di seguito troviamo elencati i maggiori "beneficiari" (elenco completo in questa relazione):

Citigroup: $2.5 trillion ($2,500,000,000,000)
Morgan Stanley: $2.04 trillion ($2,040,000,000,000)
Merrill Lynch: $1.949 trillion ($1,949,000,000,000)
Bank of America: $1.344 trillion ($1,344,000,000,000)
Barclays PLC (United Kingdom): $868 billion ($868,000,000,000)
Bear Sterns: $853 billion ($853,000,000,000)
Goldman Sachs: $814 billion ($814,000,000,000)
Royal Bank of Scotland (UK): $541 billion ($541,000,000,000)
JP Morgan Chase: $391 billion ($391,000,000,000)
Deutsche Bank (Germany): $354 billion ($354,000,000,000)

venerdì 19 agosto 2011

Mettiamoci una toppa con gli Euro-bond


Mentre le borse crollano e i debiti dei Paesi europei (e non solo) aumentano di continuo (il debito pubblico italiano ha raggiunto quota 1.900 miliardi di euro e ne paghiamo 80 miliardi di euro l'anno solo di interessi), si discute ormai da tempo del progetto Euro-bond, ossia creare Titoli di Stato europei che non vadano ad indebitare i singoli paesi membri (già in difficoltà come i PIGS) ma che vengano intestati (spalmati) direttamente all'Unione Europea.
Secondo Tremonti e Juncker quella degli euro-bond è l'unica soluzione per risolvere la crisi dell'eurozona. 
Dello stesso parere anche Robert Putnam della Harvard Kennedy School, noto in tutto il mondo per i suoi studi sul "social capital" e sul funzionamento della democrazia. Secondo Putman i più forti devono aiutare i più deboli, quindi dare origine a un titolo di debito europeo garantirebbe maggiore coesione all'Unione Europea tra i paesi membri che, appunto, condividerebbero tutti insieme il fardello del debito pubblico.
Personalmente ritengo che questa degli euro-bond sia solo una trovata per dare una boccata di ossigeno ai mercati e ai PIGS già in grosse difficoltà, non di certo uno strumento utile per uscire dalla crisi.
A pensarla così sembra anche Juergen Stark, il "falco" della BCE che afferma: "Gli eurobond sono stati dipinti come una soluzione magica per uscire dalla crisi, ma in realtà sarebbe come curare i sintomi non le cause dei problemi". 
Il problema è che l'economia si fonda su un sistema basato su debito originato dal sistema bancario e gravato sulle spalle degli Stati (e quindi sui cittadini). 
Questo sistema è fallito.
Fin quando non si capirà che per ristrutturare il debito sarà necessaria la nazionalizzazione (leggasi: sovranità monetaria) o il fallimento di alcuni soggetti finanziari, non usciremo mai dai questa crisi e qualsiasi strumento ideato da politici o mondo della finanza, tipo euro-bond o altri, non saranno altro che palliativi, delle cure momentanee che di certo non liberano gli Stati dal cancro del debito pubblico.

Salvatore Tamburro

martedì 2 agosto 2011

La farsa del debt ceiling è finita


Si è verificato (ma non ci volesse poi molto a capirlo) quanto avevo pronosticato con giorni di anticipo in "La pagliacciata del debt ceiling americano" circa l'aumento della soglia del debito e il taglio della spesa pubblica.
L'accordo è arrivato: si autorizza un nuovo debito per 2.100 miliardi e tagli di spesa per quasi 2.500 miliardi. L'accordo è passato alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti con 269 voti a favore e 161 contrari, ed oggi è passato al Senato con 74 sì e 26 no.
La legge garantisce immediatamente al Tesoro la possibilità di aumentare di 400 miliardi l'indebitamento.
Inutile ribadirvi che l'innalzamento del tetto sul debito sopra 14,3 trilioni non ridurrà a sufficienza il buco di bilancio della maggiore economia al mondo, in quando si è proceduto solo ad autorizzare "legalmente" un passo in avanti del Tesoro verso il baratro del debito pubblico. Ci sarebbe bisogno di migliaia di dollari di tagli alla spesa pubblica e aumento delle tasse se si volesse stabilizzare il rapporto tra debito pubblico e Pil ed, inoltre,  mantenere il rating sul credito di tripla A.
E' come mettere una toppa più piccola del buco da coprire.
A limite del ridicolo la frase di Obama dopo l'approvazione dell'accordo al Senato: «un primo passo importante per assicurarci che come nazione viviamo secondo i nostri mezzi».  Obama dovrebbe precisare che gli USA vivono secondo i mezzi, ossia la moneta, stampata dalla privatissima Federal Reserve e le conseguenze ricadono tutte sulle spalle dei cittadini, costretti a subire tagli delle spesa pubblica e innalzamento delle tasse.
Però adesso gli amici banchieri di Obama possono gridare felici "Yes, We Can" alla faccia del popolo americano. 

Salvatore Tamburro